Da settimane circolano podcast e interventi mediatici nei quali un noto giornalista, con toni tra lo stupito e il sospettoso, dichiara di aver scoperto – "per la prima volta dopo secoli", verrebbe da dire – che nel presepe compaiono anche i Re Magi. Da questa improvvisa rivelazione nasce una tesi sorprendente: la presenza dei Magi sarebbe il frutto di una presunta "congiura gnostica", un'infiltrazione dottrinale che avrebbe alterato il senso autentico della Natività cristiana. Una tesi che, più che illuminare, confonde; più che difendere la fede, rischia di delegittimare la Chiesa stessa.
I fatti, come spesso accade, sono molto più semplici – e molto più solidi – delle costruzioni ideologiche che vi si sovrappongono. Proprio in questi giorni, in Vaticano, nell'Aula Paolo VI, è stato allestito un presepe di grandi dimensioni, lungo cinque metri, profondo tre e alto due metri e mezzo, fedele alla tradizione iconografica cristiana. Il presepe, intitolato Nacimiento Gaudium, è opera dell'artista costaricana Paula Saenz Soto ed è stato benedetto ufficialmente da Papa Leone XIV, che ha ricevuto i donatori della Natività provenienti dalla Costa Rica.
In questo presepe ci sono San Giuseppe, i pastori, gli animali, e – guarda caso – anche i Re Magi. Non come provocazione, non come innovazione sospetta, ma come parte integrante di una tradizione secolare che affonda le radici nei Vangeli e nella catechesi della Chiesa. Attribuire a una "deriva gnostica" la loro presenza significa ignorare secoli di teologia, liturgia e pietà popolare.
L'opera introduce, è vero, un elemento di novità simbolica: due immagini intercambiabili della Vergine Maria, una in attesa e una con il Bambino. Il messaggio è esplicito e dichiarato: un appello alla protezione della vita fin dal suo concepimento. Non a caso il presepe è stato definito "pro-life" o, con un'espressione più polemica, "anti-aborto". Papa Leone XIV, nel suo intervento, ha spiegato che i ventottomila nastri colorati che decorano la scena rappresentano altrettante vite preservate dall'aborto grazie alla preghiera e al sostegno offerto da organizzazioni cattoliche a madri in difficoltà.
Si può discutere, legittimamente, sull'opportunità pastorale di un messaggio così esplicito inserito in un presepe vaticano. Si può anche non condividere l'impostazione o temere una strumentalizzazione ideologica della Natività. Ma altra cosa è insinuare che elementi tradizionali del presepe – come i Re Magi – siano il prodotto di oscure trame dottrinali. Qui non siamo più nel campo del dibattito, ma in quello della confusione.
I Re Magi sono presenti nel Vangelo di Matteo, nella tradizione patristica, nell'arte cristiana di ogni secolo, nei presepi di chiese e famiglie di tutto il mondo. Essi rappresentano le genti, l'universalità della salvezza, l'umanità che riconosce Cristo anche al di fuori dei confini di Israele. Se questo è "gnosticismo", allora lo è anche buona parte della tradizione cristiana. Ma è evidente che non lo è.
Il rischio più grave di certe narrazioni non è l'errore teologico in sé, ma il danno ecclesiale che producono. Quando si suggerisce che la Chiesa, o addirittura il Papa, benedica inconsapevolmente simboli corrotti o deviati, si mina la fiducia dei fedeli. Si alimenta un sospetto sistematico verso il Magistero, verso la tradizione viva, verso ogni gesto che non rientra in una visione rigida e autoreferenziale della fede.
Papa Leone XIV non ha benedetto una "congiura", ma un presepe. Ha salutato una delegazione ufficiale, la Prima Dama del Costa Rica, l'ambasciatore presso la Santa Sede, e ha accolto un'opera che intende richiamare il valore della vita umana. Che lo si condivida o meno, è un atto pubblico, trasparente, coerente con l'insegnamento della Chiesa sulla dignità della vita.
Seguire tesi sensazionalistiche, costruite su sospetti e forzature, non rafforza la fede né difende la verità. Al contrario, delegittima la Chiesa, la espone al ridicolo e la divide dall'interno. La critica è legittima, il discernimento è necessario, ma entrambi richiedono studio, equilibrio e rispetto per la tradizione che si pretende di difendere.
Il presepe, con i suoi pastori e i suoi Magi, non è un campo minato ideologico. È, o dovrebbe restare, un luogo di contemplazione del mistero dell'Incarnazione. Trasformarlo in un pretesto per sospettare complotti significa perdere di vista l'essenziale. E questo, sì, fa male alla Chiesa.
Marco Baratto
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