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Scalzo davanti a Dio: Papa Leone XIV e il potere rivoluzionario del rispetto


L'immagine è potente, destinata a rimanere negli archivi della diplomazia del XXI secolo: Istanbul, 29 novembre 2025. Papa Leone XIV entra nella Sultan Ahmed Mosque, a piedi scalzi, in silenzio, con un atteggiamento di solennità che colpisce non solo i fedeli presenti, ma anche il mondo intero. È un gesto che non necessita di commento: parla da sé, oltre le polemiche, oltre le ideologie, oltre le appartenenze. È l'azione di un pontefice che non governa con le dichiarazioni, ma con i segni; non con le formule teologiche, ma con il linguaggio universale del rispetto.

In un'epoca in cui la religione è spesso tirata per la giacca e usata come strumento politico, Papa Leone XIV sceglie il registro opposto: disinnescare la tensione, deporre i simboli di superiorità, riconoscere la sacralità dell'altro.

Un gesto semplice, un significato immenso

Togliersi le scarpe per entrare in moschea non è un dettaglio folkloristico: è un codice. È un atto che affonda radici sia nella tradizione islamica sia nelle consuetudini diffuse nelle terre dell'ex impero ottomano — dalle case di Istanbul ai monasteri del Sinai, come quello di Santa Caterina.

Quando si lascia fuori la scarpa, si lascia fuori ciò che porta la polvere del mondo. Non ci si presenta davanti a Dio "armati" di distinzione sociale, autorità o potere. Si entra disarmati, nudi di pretese, al pari di ogni altro credente. In questo senso, Papa Leone XIV non ha semplicemente compiuto un gesto di cortesia: ha dichiarato, con il linguaggio del corpo, una teologia dell'umiltà.

Il messaggio implicito è cristallino: il rispetto è la prima forma di dialogo.

Dal messaggio di Nicea al gesto di Istanbul

Non è un episodio isolato. Il 28 ottobre 2025, a Nicea, Papa Leone aveva pronunciato parole che già prefiguravano lo spirito del suo viaggio in Turchia:

"C'è una fratellanza e sorellanza universale, indipendentemente dall'etnia, dalla nazionalità, dalla religione o dall'opinione. Le religioni sono depositarie di questa verità… L'uso della religione per giustificare la guerra e la violenza va respinto con forza…"

Quel discorso aveva valicato i confini del mondo cristiano proprio perché non era rivolto solo ai cristiani. Era un appello agli esseri umani, credenti e non credenti, affinché le religioni fossero strumenti di riconciliazione e non di separazione.

A Istanbul, Papa Leone non ha aggiunto parole — ha aggiunto coerenza. Ha incarnato il suo discorso. Dove molti leader avrebbero ripetuto frasi memorabili, lui ha scelto di camminare scalzo.

Un ponte con il mondo musulmano

Nel mondo arabo e musulmano, il gesto è stato percepito come autentico, non strategico. Nessuna condiscendenza dall'alto, nessun paternalismo occidentale, nessuna postura missionaria: solo rispetto. In molte reazioni, espresse sia dai fedeli sia dagli imam presenti, è emersa un'impressione chiara: il Papa non è entrato "da ospite", ma da fratello.

E questo ha conseguenze profonde. Nell'immaginario di molte società islamiche, la figura pontificia è stata spesso interpretata come rappresentante dell'Occidente cristiano, a volte percepito come antagonista culturale. Il gesto di Papa Leone incrina questa narrazione. Dimostra che l'Occidente — o almeno una sua parte — può ascoltare, può imparare, può onorare.

Un messaggio contro l'islamofobia — e contro ogni fondamentalismo

In Europa e in altre regioni del mondo, la paura dell'Islam si è trasformata, in alcuni casi, in un abito ideologico, in un pregiudizio socialmente accettato. In questo contesto, l'immagine di Papa Leone senza scarpe in una moschea assume valore pedagogico. Mostra un modo alternativo di rapportarsi all'altro: non attraverso la distanza e il sospetto, ma attraverso la prossimità e il riconoscimento.

Ma non è solo un messaggio contro l'islamofobia. È un messaggio contro ogni fondamentalismo. Contro chi usa versetti e dogmi per dividere; contro chi considera la religione uno strumento identitario per separare "noi" da "loro".

Papa Leone, con un semplice gesto, dice invece che la fede non deve erigere muri: deve aprire porte.

Il pontificato dei gesti

In questo Papa c'è qualcosa di profondamente evangelico: la scelta dell'azione sulla proclamazione, del simbolo sulla retorica. Non è un pontefice che occupa i telegiornali con dichiarazioni. È un pontefice che riempie le immagini con significati. La sua è una strategia pastorale intessuta di corporeità, di presenza, di contatto. Un leader spirituale che riconosce che, nell'era dei media, le parole sono spesso consumate o svuotate, mentre un gesto autentico conserva intatta la sua forza.

Conclusione: una svolta nella storia del dialogo interreligioso

L'ingresso a piedi scalzi nella Moschea Azzurra non è un episodio isolato, né un dettaglio protocollare: è un atto che entra nel tessuto del dialogo interreligioso contemporaneo come un punto di svolta. È una lezione silenziosa ma incancellabile: che la pace non si costruisce con proclami, ma con rispetto; non con sospetti, ma con ascolto; non con le scarpe, ma — talvolta — senza.

Papa Leone XIV ha mostrato che il dialogo non consiste nel dire all'altro cosa pensare: consiste nell'entrare, con umiltà, nel suo spazio sacro. E da lì, con i piedi nudi e il cuore aperto, ricominciare a parlare il linguaggio antico dell'umanità condivisa.

Marco Baratto

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