Nel suo intervento alla National Catholic Youth Conference, Papa Leone XIV ha pronunciato parole che hanno infranto ogni prudenza diplomatica e che segnano il primo atto di un confronto diretto con la più profonda frattura della Chiesa negli Stati Uniti. "Fate attenzione a non usare categorie politiche per parlare di fede. La Chiesa non appartiene ad alcun partito politico; piuttosto, la Chiesa aiuta a formare la vostra coscienza affinché possiate pensare e agire con saggezza e amore." Una frase semplice, ma destinata a lasciare un'impronta nella storia ecclesiale del suo pontificato. Non si tratta di un richiamo generico alla moderazione: è, invece, un avvertimento severo a un cattolicesimo americano sempre più trascinato nelle sabbie mobili della polarizzazione.
Negli Stati Uniti, la fede viene spesso analizzata come se fosse una piattaforma politica: ci si divide tra "cattolici conservatori" e "cattolici progressisti" come se questi fossero rami ufficiali di partito, e non deviazioni culturali. Il Vangelo viene manipolato, amputato, selezionato secondo la convenienza delle ideologie. Da una parte, un cattolicesimo che misura la fedeltà sulla base dell'agenda repubblicana; dall'altra, un cattolicesimo che legge il Magistero solo attraverso la lente della sensibilità democratica. È la fotografia di una Chiesa divisa non da dogmi, ma da appartenenze. Ed è proprio su questo terreno minato che Leone XIV è intervenuto con decisione.
Il Papa ha riposizionato la coscienza cristiana al centro, sottraendola al dominio di partiti e commentatori. In un Paese in cui molti credenti si definiscono più attraverso la loro identità elettorale che attraverso il Credo, questo gesto è una denuncia. Non un'esortazione tiepida, ma la dichiarazione che la fede non può essere piegata a strumento propagandistico. E che la Chiesa, quando smette di essere universale, diventa immediatamente preda del conflitto.
Lo "scisma cattolico americano", così l'ho definito , non è sancito da documenti o condanne. Nasce nella vita quotidiana delle parrocchie, nel modo in cui si interpreta il Papa a seconda della propria fedeltà politica, nel rifiuto selettivo dell'autorità ecclesiale quando non coincide con le narrazioni dominanti. Si è radicato in un clima culturale in cui la fede non forma più la coscienza, ma la coscienza viene modellata dal partito. È questo il processo che Leone XIV ha scelto di interrompere.
Rivolgersi ai giovani è una strategia chiara: sono loro a non essere ancora colonizzati dalla polarizzazione permanente, a non essere stati addestrati alla guerra culturale quotidiana. Sono loro a poter riportare il cattolicesimo americano a ciò che è, prima ancora che a ciò che è diventato. Il Papa ricorda che la coscienza cristiana non nasce dalle opinioni né dalle tendenze politiche, ma dall'incontro personale con Dio, dalla Scrittura, dalla Tradizione, dal discernimento. Ed è solo recuperando questo spazio interiore che la Chiesa potrà sottrarsi alla logica distruttiva della divisione.
Leone XIV ha quindi pronunciato non un richiamo, ma una diagnosi. La politica americana sta dividendo la Chiesa più di qualsiasi questione teologica contemporanea. Se continuerà a essere così, il futuro del cattolicesimo negli Stati Uniti sarà segnato da una frattura sempre più insanabile. Ma il Papa, con una sola frase, ha indicato la via per evitarla: restituire alla fede la sua dignità e alla coscienza la sua libertà. È un messaggio duro, diretto, scomodo per molti. Ed è proprio per questo che è necessario. La Chiesa è di Cristo. Non di Washington.
Marco Baratto
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