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Disarmare le parole, umanizzare la tecnologia: il messaggio di Papa Leone XIV sull’intelligenza artificiale

Nel cuore di Roma, tra le mura dell'Aula Paolo VI, Papa Leone XIV ha pronunciato parole che risuonano ben oltre i confini del Vaticano.

Nell'incontro con i giornalisti , il Pontefice,  ha tracciato una rotta netta, anticipando – con ogni probabilità – quella che diventerà una delle encicliche più attese e attuali della sua epoca: un documento dedicato all'intelligenza artificiale, ai suoi rischi, alle sue promesse, e soprattutto alla sua dimensione etica.

Il Papa non cede al fascino né alla paura della tecnologia. Le sue parole si muovono invece nel solco del discernimento, quella virtù che invita a riflettere prima di agire, a valutare prima di delegare. "Di fronte al potenziale immenso dell'intelligenza artificiale – ha detto – bisogna avere responsabilità e discernimento per orientare gli strumenti al bene di tutti, così che possano produrre benefici per l'umanità." Non si tratta dunque di demonizzare il progresso, ma di interrogarlo. Di accompagnarlo con lo spirito critico di chi sa che ogni innovazione, se lasciata a se stessa, può generare ingiustizie invece che equità, divisioni invece che ponti.

Ed è proprio in questo spirito che Papa Leone XIV allarga il campo e chiama in causa non solo i tecnici, i legislatori o gli imprenditori, ma ciascun essere umano. "Questa responsabilità – ha sottolineato – riguarda tutti, in proporzione all'età e ai ruoli sociali." È una chiamata corale, che scardina l'idea secondo cui solo gli "addetti ai lavori" debbano preoccuparsi delle implicazioni dell'IA. Viviamo immersi in algoritmi, ci informiamo attraverso intelligenze artificiali, deleghiamo decisioni alle macchine: ogni clic è una scelta morale, ogni condivisione ha un peso sociale.

Ma il passaggio forse più potente – e più politico – del discorso papale è racchiuso in una frase che ha fatto sobbalzare più di un osservatore: "Disarmiamo le parole e contribuiremo a disarmare la Terra." Una sentenza breve, ma gravida di significati. In quelle parole c'è un messaggio diretto alla politica, soprattutto a quella che usa i social media come clava ideologica. È difficile non leggere in filigrana un riferimento ai linguaggi violenti, ai leader che soffiano sul fuoco del conflitto con tweet e post, all'eco tossica che la comunicazione digitale può produrre. Un'allusione sottile, ma eloquente, anche nei confronti di figure come Donald Trump e di tutti coloro che riducono la complessità del mondo a slogan rabbiosi e retorica divisiva.

"Disarmare le parole" non è un'esortazione alla timidezza, bensì alla responsabilità. In un'epoca in cui le guerre si preparano anche (e spesso) sui social, dove le fake news avvelenano il dibattito pubblico e la polarizzazione minaccia la coesione sociale, scegliere le parole diventa un atto politico, etico e culturale. Disarmare le parole significa abbandonare il linguaggio dell'odio, rinunciare alla logica dello scontro, costruire ponti comunicativi anziché muri ideologici.

Il Papa parla alla stampa, sì, ma parla anche ai politici, agli influencer, ai cittadini. Perché in un ecosistema digitale fondato sull'interazione, tutti siamo al tempo stesso emittenti e riceventi, attori e spettatori, costruttori e – talvolta – demolitori del discorso pubblico. Il giornalismo ha il compito di informare senza fomentare. La politica ha il dovere di guidare senza infiammare. L'utente comune ha la possibilità di alimentare la conoscenza anziché l'algoritmo della rabbia.

Non è un caso che questo intervento arrivi in un momento storico in cui l'intelligenza artificiale sta entrando prepotentemente nei luoghi decisionali, dalle aziende ai governi, dall'istruzione alla medicina. Non è più una questione di futuro, ma di presente. E il Papa, con la lucidità di chi guarda al tempo lungo, pone la domanda decisiva: chi guiderà chi? L'uomo la macchina, o la macchina l'uomo?

Se davvero, come sembra, Papa Leone XIV pubblicherà un'enciclica dedicata all'IA, ci troveremo di fronte a un testo che non sarà rivolto solo ai cattolici, ma all'intera umanità. Perché i dilemmi posti dall'intelligenza artificiale sono universali. Riguardano la libertà, la giustizia, la pace, la dignità dell'essere umano. Riguardano il modo in cui scegliamo di convivere con strumenti tanto potenti da influenzare il pensiero, il linguaggio, la vita.

Nel frattempo, però, le sue parole ci offrono già una bussola. Una bussola etica in un tempo di ipervelocità. Un invito a riscoprire il valore della misura, della riflessione, della responsabilità. E, soprattutto, un messaggio chiaro: il futuro della tecnologia non sarà scritto dai codici sorgente, ma dalle coscienze di chi li scrive, li usa, li regola.

In un mondo in cerca di equilibrio, Papa Leone XIV ci ricorda che l'umanità non è un dato tecnico, ma un compito morale. E che, forse, il primo passo per orientare bene l'intelligenza artificiale è semplicemente questo: disarmare le parole.

Marco Baratto

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