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Quando il vicepresidente cammina con il Papa: l’America vuole diventare la Quinta Roma?


Secondo quanto riportato da Middle East Eye, il vicepresidente statunitense J.D. Vance starebbe pianificando di recarsi a Iznik, in Turchia, alla fine di novembre, per accompagnare Papa Leone XIV e il Patriarca ecumenico Bartolomeo. L'occasione è il 1700° anniversario del Primo Concilio di Nicea — uno degli eventi più importanti della storia del cristianesimo. Se confermato, questo sarebbe il primo viaggio ufficiale all'estero di Vance come vicepresidente, e il suo significato simbolico è enorme. Ciò che appare, in superficie, come un gesto di fede, potrebbe invece nascondere un messaggio politico più profondo: il tentativo degli ambienti ultracattolici di Washington di presentare gli Stati Uniti come la "Quinta Roma."


Il contesto e il suo significato

Nel 325 d.C. l'imperatore Costantino convocò a Nicea (l'attuale Iznik) i vescovi di tutto il mondo cristiano per risolvere le grandi dispute teologiche della Chiesa primitiva. Da quell'incontro nacque il Credo Niceno, che ancora oggi definisce i fondamenti dell'ortodossia cristiana.

Diciassette secoli dopo, Papa Leone XIV e il Patriarca Bartolomeo si preparano a incontrarsi proprio in quel luogo: tra le rovine di una basilica sommersa nel lago Iznik, che si ritiene sorgesse sul sito originario del Concilio.

Ora, immaginate in questo scenario la presenza di un vicepresidente americano — un cattolico praticante — accanto al Papa, nel luogo in cui è nata la dottrina cristiana. L'immagine è potente: un leader politico moderno che entra in uno spazio un tempo dominato da imperatori e vescovi. Il simbolismo parla da sé.


Più di un atto di fede: un messaggio di potere

La partecipazione di Vance non sarebbe solo un segno di devozione personale o di diplomazia interreligiosa. Essa rappresenterebbe anche l'arrivo di una nuova narrativa politico-religiosa americana. Negli ultimi anni, una parte del movimento conservatore statunitense ha abbracciato una visione del Paese come nuovo difensore della civiltà cristiana.

Accompagnare il Papa a Iznik significherebbe rafforzare questa idea, richiamando la fusione tra autorità spirituale e temporale tipica dell'antichità — ma in chiave americana.

Nella Repubblica Romana due consoli condividevano il potere; nell'America di oggi, si potrebbe dire che presidente e vicepresidente incarnano una forma simile di imperium. Persino l'architettura del governo americano, ornata con i fasci littori che rappresentano unità e autorità, dimostra quanto i Padri fondatori si ispirassero all'antica Roma.

In questa prospettiva, il gesto di Vance assume un tono quasi imperiale: un vicepresidente che cammina con il Papa, eco moderna del legame tra Costantino e Silvestro, ma trasposta nel linguaggio politico degli Stati Uniti.


L'equilibrio delicato del Vaticano

Per la Santa Sede, l'evento presenta sia opportunità che rischi. Da un lato, il viaggio del Papa a Iznik è un'occasione per promuovere la riconciliazione e l'unità tra i cristiani. Dall'altro, l'immagine di un Pontefice "accompagnato" da un vicepresidente americano potrebbe confondere i confini tra fede e potere.

  1. Un ritorno del cesaropapismo. L'antica alleanza tra imperatore e Chiesa diede al cristianesimo protezione, ma lo vincolò alla politica. Oggi la Chiesa non può permettersi di ripetere quell'errore.

  2. L'autonomia papale. L'autorità del Papa è spirituale, non politica. Se Vance apparisse come una sorta di "protettore" o garante, l'indipendenza del Papa ne uscirebbe offuscata.

  3. Rischi geopolitici. La presenza di un leader americano in un sito così simbolico potrebbe essere interpretata non come un gesto di unità, ma come un'affermazione di dominio occidentale.

  4. Equilibrio ecumenico. L'evento non riguarda solo i cattolici. La partecipazione del Patriarca Bartolomeo ricorda che Nicea appartiene a tutta la cristianità. L'aggiunta di una figura politica potente potrebbe distogliere l'attenzione da questo aspetto universale.


La possibile nascita di una "Quinta Roma"

Tradizionalmente si parla di quattro "Rome": la Roma originale in Italia; Costantinopoli come "Seconda Roma"; Mosca come "Terza"; e, per alcuni, il Vaticano come continuazione spirituale. Ora, certi ambienti di Washington sembrano voler attribuire agli Stati Uniti il ruolo di "Quinta Roma" — un nuovo centro globale che unisca potere politico, influenza morale e leadership religiosa.

Se Vance parteciperà alla cerimonia di Iznik, il messaggio sarà chiaro: l'America intende raccogliere l'eredità dell'autorità cristiana che un tempo apparteneva all'Europa. Il gesto proietterebbe gli Stati Uniti non solo come superpotenza politica, ma anche come potenza civilizzatrice, custode della fede e dell'ordine nel caos del mondo contemporaneo.


Un avvertimento per Papa Leone XIV

Santità, questa celebrazione a Iznik è un momento sacro per onorare la fede e il coraggio della Chiesa primitiva. Tuttavia, dietro la liturgia si muove una corrente politica che va osservata con attenzione. Ciò che nasce come pellegrinaggio potrebbe trasformarsi in un palcoscenico per una nuova alleanza tra Chiesa e potere — tra la tiara e l'aquila.

Il mondo intero osserverà. Se la commemorazione diventerà uno spettacolo centrato sull'America, lo spirito ecumenico di Nicea andrà perduto. Ma se resterà un autentico atto di fede e unità, potrà riaffermare l'indipendenza e la missione universale della Chiesa.


Un crocevia tra fede e potere

L'incontro di Iznik non è solo un evento diplomatico, ma un simbolico scontro di significati. La Chiesa cammina accanto a un nuovo Costantino o semplicemente prega accanto a un credente in alta carica? La risposta dipenderà da come il Vaticano gestirà la scena.

Se la presenza del vicepresidente sarà confermata, l'immagine resterà impressa a lungo: l'erede spirituale degli imperatori romani al fianco dell'erede del potere americano. Potrebbe celebrare 1.700 anni di unità cristiana — oppure segnare l'inizio di una nuova era di geopolitica religiosa.

In fondo, tutto si riduce a una domanda antica quanto la Chiesa stessa: sarà la fede a guidare il potere, o sarà di nuovo il potere a voler dominare la fede?

Marco Baratto

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