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Carlo III in Vaticano: la preghiera con Papa Leone XIV segna una svolta nei rapporti tra Roma e Londra


La storia torna a parlare nel cuore della cristianità.  Re Carlo III sarà ricevuto da Papa Leone XIV in Vaticano per un incontro che già si annuncia come uno dei più significativi del suo regno. Durante la visita ufficiale, il sovrano britannico parteciperà a una preghiera pubblica con il Papa, diventando così il primo monarca inglese in carica a farlo dai tempi dello scisma di Enrico VIII, quasi cinquecento anni fa.

L'appuntamento, che si inserisce nel calendario del Giubileo del 2025, avrà luogo nella Cappella Sistina , davanti al "Giudizio universale" .  Luogo simbolico dell'universalità della Chiesa. 

Nella Basilica di San Paolo Fuori le Mura , SM Carlo III riceverà il titolo di "Royal Confrater of Saint Paul" e gli verrà assegnata  una sedia personale, recante l'iscrizione "Ut unum sint" — "che tutti siano una cosa sola". Un motto che racchiude il senso profondo dell'incontro: la ricerca dell'unità tra i cristiani.



L'evento non è soltanto un gesto di cortesia diplomatica. È un atto ecumenico senza precedenti nella storia moderna. Dopo secoli di separazione tra Roma e Londra si riuniscono .  L'immagine di un re anglicano che prega accanto al Pontefice cattolico assume un valore simbolico di portata globale..

La cerimonia sarà centrata anche  sui temi della custodia del creato e della fraternità universale, due pilastri comuni al magistero di Leone XIV e alla sensibilità spirituale di Carlo III. Entrambi condividono l'impegno per la tutela ambientale e per un'economia più solidale, intesa come espressione concreta della fede.



La figura di Carlo III è da tempo associata a una visione aperta e inclusiva della religione. In quanto capo della Chiesa d'Inghilterra, il monarca eredita un ruolo nato dallo scisma voluto da Enrico VIII nel 1534. Ma la sua spiritualità va oltre i confini anglicani.

Carlo ha più volte manifestato il desiderio di essere "difensore della fede" non solo in senso confessionale, ma come promotore di dialogo tra le fedi cristiane e non cristiane

Le sue radici familiari ne sono un riflesso: suo padre, il principe Filippo, era battezzato nella Chiesa ortodossa greca, e attraverso la linea materna il sovrano è legato anche all'ortodossia romena.

Già Papa Francesco  aveva riconosciuto questa vocazione ecumenica, donandogli due frammenti della Vera Croce come gesto di amicizia spirituale. Carlo III volle poi includere la reliquia nella "Croce del Galles", che guidò la processione della sua incoronazione, unendo così simbolicamente Roma, Canterbury e la sua patria gallese in un unico segno di fede.



La scelta di Papa Leone XIV di accogliere e pregare insieme al sovrano britannico si inserisce in una visione ecclesiale ben precisa. Fin dall'inizio del suo pontificato, Leone XIV ha indicato come priorità la custodia dell'unità tra i cristiani e la promozione di una Chiesa cattolica romana  più sinodale, dove il Papa non domina ma "cammina con" i credenti.

In un recente intervento, il Pontefice ha affermato con gesti  che il suo compito è quello di "custodire l'unità del Corpo di Cristo", evitando che la figura del Papa oscuri la comunità dei fedeli.  Papa Leone è come se dicesse che vuole  scomparire come persona  per far emergere il corpo mistico della Chiesa.

Questo stile sobrio, quasi silenzioso, ha conquistato molti osservatori, che vedono in Leone XIV un Papa capace di ricomporre antiche fratture non con gesti di potere, ma con gesti di fraternità

La preghiera con Carlo III rappresenta, in questa prospettiva, un passo coerente: il Pontefice non come capo di una parte, ma come fratello tra fratelli nella fede.



La vicenda di Carlo III assume un ulteriore significato storico se riletta alla luce di un curioso parallelismo. Nel 1521, Papa Leone X aveva conferito a Enrico VIII il titolo di "Defensor Fidei" — "Difensore della Fede" — per la sua opposizione a Martin Lutero. Pochi anni dopo, quello stesso re avrebbe rotto con Roma, dando origine alla Chiesa d'Inghilterra.

Cinque secoli più tardi, un altro Papa di nome Leone riconsegna alla corona inglese un titolo simbolico, ma con un senso rovesciato: non più difendere la fede contro qualcuno, ma custodirla insieme a tutti. La storia, talvolta, sa riscrivere le sue pagine più dure con parole di riconciliazione.



Il significato dell'incontro non è solo teologico. In un'epoca segnata da crisi ambientali, guerre e disuguaglianze, l'alleanza spirituale tra le principali confessioni cristiane può avere un valore sociale e politico di grande impatto.

Il Papa e il Sovrano, pregando insieme per la pace e per il creato, offrono al mondo un'immagine di unità nella diversità. Non si tratta di cancellare le differenze dottrinali – che restano reali e profonde – ma di affermare che la testimonianza comune del Vangelo è possibile e necessaria.

Come ha ricordato Leone XIV, «ciò che unisce i cristiani è infinitamente più grande di ciò che li divide». La preghiera con Carlo III traduce queste parole in un gesto concreto, capace di parlare non solo ai teologi, ma al popolo credente.


Non è un caso che la visita avvenga pochi giorni prima della proclamazione di San John Henry Newman a Dottore della Chiesa. Convertito dall'anglicanesimo al cattolicesimo, Newman rappresenta una figura di ponte tra le due tradizioni, anticipando con la sua vita e il suo pensiero l'idea di una Chiesa una nella diversità.

Il suo motto, "Cor ad cor loquitur" ("il cuore parla al cuore"), sembra risuonare oggi più che mai: il dialogo tra Roma e Londra non passa per le dispute dottrinali, ma per il riconoscimento reciproco e per la preghiera condivisa.


Naturalmente, nessuno si illude che questo gesto basti a sanare cinque secoli di divisione. Le questioni teologiche — dal ministero sacerdotale al primato petrino — restano aperte. Ma il cammino verso l'unità non si costruisce con decreti, bensì con segni di fiducia e di fraternità.

L'immagine di un Papa e di un re inginocchiati insieme nella stessa basilica resterà impressa nella memoria collettiva come un segno di speranza. È il linguaggio silenzioso dei gesti che spesso dice più di mille parole: la fede, quando si fa umile e condivisa, diventa davvero universale.


La visita di Carlo III in Vaticano non è solo un appuntamento di protocollo. È un segno dei tempi, un passo che ricuce la storia e apre prospettive nuove per il cristianesimo del XXI secolo.

Dopo secoli di divisioni, Roma e Londra tornano a parlarsi nel linguaggio più alto che esista: quello della preghiera. E nella voce di due uomini profondamente credenti – un re e un Papa – il mondo potrà ascoltare un messaggio che attraversa le frontiere, le dottrine e le lingue: «Che tutti siano una cosa sola».

Marco Baratto

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